Noah: un vulcano di emozioni

Emozioni vulcaniche si avviluppano fra le dense campiture di colore sinonimo dell’animo di Noah.
Un esplosione di colori, la lava del tessuto intrinseco dell’artista che gioca con il colore intento a rappresentare se stesso.
Un’esperienza sinestetica, fortemente comunicativa che irrompe nella staticità della vita.
Tecnicamente Noah da vita ad una pittura dinamica, dove il gesto pittorico incarna i suoi sentimenti, è un bisogno, l’impulso profondo che scaturisce dalla percezione del mondo esterno.
Noah parte dalla materia tangibile del reale ed estrae la suggestione tramutandola in astrazione fenomenica.
E come il vulcano che incarna l’apoteosi della forza della natura, così Noah traslittera in materia cromatica la forza impulsiva del suo animo.

Dott.ssa Elisabetta La Rosa

Storico e critico d’arte


https://www.artbreath.it/gli-artisti/noah-un-vulcano-di-emozioni

La nuova figurazione informale di Noah

di Christian Humouda

C’è una linea sottile che separa l’istinto dalla ragione. Un confine labile che solo gli artisti e i bambini riescono a rompere e ricostruire con estrema facilità.

Noah, ad oggi considerato come uno degli enfant prodige della scena artistica milanese e internazionale, riesce a unire l’istintualità del gesto all’involontarietà della ragione. Un’arte primitiva e gestuale la sua, che asseconda le linee sconosciute del suo essere.

Nel suo processo creativo infatti, appare chiara la convivenza di più anime dotate di emozioni contrastanti. Un nuovo cerchio cromatico che prende forma attraverso mani, piedi e oggetti di uso comune. Una nuova evoluzione del concetto di New Dada privata dell’assolutezza dell’oggetto, che ritorna ad essere, un semplice mezzo di espressione creativa.

Quella del giovanissimo artista milanese è pertanto, la ricerca involontaria di una nuova figurazione informale. Un’unione tra tecniche e periodi storici vicini e allo stesso tempo distanti che si toccano fino a formare figure innovative.

Nelle opere di Noah non c’è la ricerca spasmodica del bello, né il desiderio di ricreazione del multiplo tanto caro all’arte contemporanea. Quelli del baby artist milanese sono “figli unici”. Infinitesimali parti di sè, desideri, luoghi, oggetti, che vengono rivisitati attraverso la sua personalissima interiorità di bambino.

Ho voluto unire volontariamente il termine nuova figurazione all’informalità pittorica perché c’è un filo conduttore che collega il bar Jamaica alla Factory, in quell’ abbandono del multiplo che desidera recuperare il suo status di opera unica. Una ricerca che profuma di passato, in un ritorno a quella figurazione concettuale che cerca di ritrovare il proprio posto nel mondo.

Dott. Christian Humouda


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